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venerdì, Marzo 29, 2024

dietro il successo delle pizzerie

Dici “stasera Pizza” ed è subito tutto chiaro. Un prodotto iconico e un rituale di consumo tanto forte e identitario quanto aperto a variazioni sul tema: quel che serve per farla essere eterna e fortunata protagonista nel panorama meals italiano e globale. Infatti, sulla pizza scommettono grandi fondi di investimentoe fioccano iniziative imprenditoriali per tutti i gusti. C’è la versione “lusso”, con i Pizza pazza di Flavio Briatorel’ultimo aperto a Milano a marzo (dopo Roma, in through Veneto, e gli apripista di Londra e Monte Carlo). Locali dove l’esperienza di consumo è nel segno della convivialità e del prime di gamma, con le pizze in carta da un minimo di 14 euro, al pomodoro, a un massimo di 65 euro, con prosciutto Pata Negra Joselito. Più pop, Alicia Pizzaparticolarmente diffusa nelle aree commerciali additional cittadine, prima catena italiana con oltre 180 punti vendita – anche oltre confine – fondata a Roma nel 1990 da Domenico Giovannini e acquisita nel 2019 dal fondo IDeA Style of Italy. Propone una sessantina di ricette di pizza al taglio, nella versione romana in teglia e venduta al peso. Altro stile per le pizze sostenibili e metropolitane di Matteo e Salvatore Aloegli imprenditori che nel 2010 hanno creato Miscela di Spezie a Bologna: oggi il marchio conta 15 locali in Italia e uno a Londra, con 200 dipendenti in tutto, e ha appena visto l’ingresso nel capitale, con una quota del 23,5%, di Mistocatena di ristorazione specializzata in pasta fresca (i fratelli Aloe restano alla guida dell’azienda).

Un’immagine del Loopy Pizza di Milano

Loopy Pizza, Berberé, Rossopomodoro e… le catene di pizzerie italiane

Da un idea all’altro, stavolta con l’impegno diretto di una star: a Firenze, lo scorso anno, ha aperto il primo ristorante Cibo italiano originale Sophia Loren. Iniziativa dell’imprenditore Luciano Cimminopresidente di Tenuta Pianoforte (che controlla Yamamay e Carpisa) e un gruppo di altri soci. Tre piani, 1.500 mq e 270 coperti per il primo punto vendita, che coinvolge i huge del mondo della pizza e della ristorazione: pizze di Francesco Martucci da I Masanielli di Caserta, piatti firmati da Gennaro Espositodue stelle Michelin a Vico Equense con il ristorante Torre del Saracino, e i dolci di Carmine Di Donnapasticcere pluripremiato e collaboratore di Esposito. Ed ora l’insegna è pronta a fare il bis a Milano, in through Cantù, a due passi dal Duomo. Guai a dimenticare il capostipite della system moderna del ristorante- pizzeria in catena, Rossopomodoro con più di 100 locali in Italia e all’estero, dove la pizza napoletana è protagonista. Fondata a Napoli nel 1997 da Franco Mannala società che detiene il marchio (Gruppo Sebeto) è passata di mano fino a finire, nel 2018, sotto il controllo del fondo inglese Op Capita.

Berberé-Saragozza

Curioso il caso del model milanese Pizziumche da poche settimane ha aperto il 28esimo ristorante a Salerno e, pur proponendo una pizza alla napoletana, ha seguito un percorso di sviluppo opposto a quello di Rossopomodoro: partito dal Nord, sta arrivando anche a toccare le regioni del Sud Italia. Una creatura, Pizzium appunto, nata dalla sempre vivace carica imprenditoriale di Giovanni “Nanni” Arbellini con Stefano Saturnino e Ilaria Puddumaestri del vendita al dettaglio di prodotti alimentari
che in coppia hanno creato e sviluppato più di una decina di model nell’ultimo decennio, come Panini Durinile pizzerie Marghe e Giolinala pasticceria Gelsomina. Anche in questo caso è entrato in gioco un fondo, Equinozioche lo scorso anno ha acquisito il 40% delle quote della catena nata nel 2017.

Pizza Margherita

Pizza: un mercato che non conosce crisi

Perché la pizza non conosce crisi? Come mai sempre più imprenditori – della ristorazione e non – puntano sempre più numerosi su locali e franchising dedicati al piatto simbolo della cucina mediterranea e dell’Italia? Spiega Carlo MeoCeo di Advertising and marketing e commerciosocietà milanese specializzata nel design dell’esperienza di consumo nel settore meals: «Quello della pizza è uno dei pochi riti consolidati, atavici, fortemente identitari. Un prodotto semplice e globale – conosciuto in tutto il mondo – al quale è legato un rituale di consumo con una identità precisa. Attorno a questo tipo di prodotti e modi di vivere l’esperienza di consumo fuori casa si può fare innovazione, facendo base sulla forte universalità information dal prodotto medesimo». In altre parole, variare sul tema e sviluppare idea di ristorazione con un ampio ventaglio di possibilità. Sul gradimento universale del “prodotto pizza” ci sono pochi dubbi. Tormentone fra le ricerche in ambito meals degli italiani su Google, dove è stabilmente nella prime 5 delle ricette più cercate on line, è anche regina indiscussa del supplysecondo i dati del quinto Osservatorio sul cibo a domicilio presentato da Simply Eat.

Pizzium-Via-Vigevano-Milano

Un interno di Pizzium in through Vigevano, a Milano

Doxa ha anche elaborato una ricerca, commissionata da Eataly, che ha fotografato le preferenze degli italiani in materia di pizza. L’86% la mangia almeno una volta a settimana, arrivando fino a due volte (40%). L’abitudine al consumo è diffusa soprattutto tra il pubblico più giovane, di età compresa tra i 18 e i 24 anni che si spinge ad acquistarla anche tre volte a settimana. Il dato più significativo riguarda la percezione dell’alimento: non più un piatto da gustare con moderazione perché “pesante” o perché fa ingrassare (lo pensano solo rispettivamente il 5% e il 3% degli intervistati), bensì un consolation meals che vede nella condivisione e convivialità i suoi punti di forza e nelle caratteristiche di leggerezza e qualità due fattori irrinunciabili.

Pizza-Vesuvio-Rossopomodoro

La pizza Vesuvio di Rossopomodoro

I 4 pilastri per una pizzeria di successo

«Qualità delle farine, tecniche di lievitazione sofisticate e più lunghe, materie prime ricercate e tecnologie di cottura progressive: attorno a questi quattro pilastri si costruiscono le variazioni sul tema pizza», spiega ancora Carlo Meo di Advertising and marketing & Commerce. «Gli operatori che hanno successo sono quelli che cercano di lavorare sul concetto di pizza, come fosse una tavolozza neutra sulla quale costruire l’offerta, arricchendola per giustificare un premio di prezzo. Una strategia è quella di usare ingredienti di qualità prime su ricette classiche, rendendole contemporanee. Un’altra sta nel portare innovazione nella ricetta, lavorando appunto su farine, lievitazione e cottura, nella presentazione e negli abbinamenti». Tra i pattern degli ultimi anni si è consolidato quello del pairing con i cocktail o con le bollicine. Meno catene e più indipendenti, in questo caso. Qualche esempio? Dal capostipite Asciutto a Milano, pioniere dell’abbinamento drinklievitati, a Carlo Sammarcofuoriclasse della pizza napoletana con due locali ad Aversa (Caserta) e Frattamaggiore (Napoli), che un paio di anni fa ha lanciato una carta di 18 cocktail a base gin da proporre con le sue celebri ricette. Fino a Giolinadi nuovo a Milano, dove le pizze dal cornicione alto si gustano con cocktail mainstream, bollicine naturali o Champagne.

Alice Pizza

«La pizza presenta diversi vantaggi, che ne determinano la fortuna sul mercato», puntualizza Fabrizio ValenteCeo della società di consulenza in ambito retail Kiki LabGruppo Promotica. «Prima di tutto la flessibilità della situazione di consumo. Si presta a un consumo semplice e accessibile, come per la classica pizzata con amici, al consumo tipo road meals, fino a quello nel cucina raffinata
. Poi c’è la vera chiave del successo retail della pizza: la possibilità di standardizzare le operation. Impostate le modalità con cui seguire la lievitazione e la cottura e costruire il guarnizione
la produzione della pizza diventa un’operazione facile da tradurre in “manuale operativo” e replicare. Da qui deriva la facilità dello sviluppo delle catene, anche in franchising. Se vogliamo, il terzo punto di forza ha una matrice un po’ più filosofica, ma non meno importante. È la rotondità: la pizza è emblema di condivisione e inclusività anche grazie alla sua forma circolare, caratteristiche perfettamente in linea con il rinnovato bisogno di socialità e condivisione che contraddistingue il periodo dopo la fase acuta del Covid».

Articolo pubblicato su
Uomini d’affari di giugno 2022

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